COME mangiavano 100mila
anni fa è emerso dai reperti rinvenuti nella grotta di Figueira Brava a sud di
Lisbona. Il banchetto, rivaluta le capacità intellettive dei Neanderthal: possedevano
un buon sviluppo tecnologico, erano capaci di attribuire significato simbolico
alle cose e avevano familiarità con il mare e le coste. Nel “menu” infatti
si trova infatti una quantità rilevante di cibi provenienti dal litorale o dal
mare: molluschi (cozze, vongole e patelle), crostacei (granceole e altri
granchi), pesci (squali come lo smeriglio –il cosiddetto vitello di mare– e la
verdesca, ma anche anguille, orate, gronghi, cefali), vari uccelli marini o
acquatici (tra cui germani reali, oche selvatiche, sule, cormorani, gazze
marine, garzette e altri) e mammiferi marini (delfini e foche grigie). La
novità di questo studio è che proprio il cibo di origine marina, essendo
particolarmente ricco di Omega 3, ne ha favorito lo sviluppo dei tessuti
cerebrali. Ai resti di pasto provenienti dalla costa si aggiungono prodotti della caccia, che
includeva il cervo, lo stambecco, il cavallo, l’uro e piccole prede quali la
tartaruga terrestre.
Notevole anche l’utilizzo di risorse vegetali. Tra i resti
carbonizzati sono state riconosciute varie specie tipiche dell’ambiente
mediterraneo (l’olivastro, la vite selvatica, il fico, diverse specie di
quercia) e in particolare il pino domestico, di cui sono stati rinvenuti soprattutto resti di pigne e gusci di pinoli che consumavano in modo sistematico e organizzato.