Brusca frenata
delle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina. Dopo aver
fatto segnare il record storico nel 2019 per un valore stimato in 460 milioni di euro, con un aumento
del 5% grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita
occidentali, è caro il conto da pagare presentato dal Coronavirus. È quanto
emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle proiezioni su dati
Istat relative ai primi dieci mesi del 2019.
"I vincoli ai trasporti per cercare di
contenere il contagio – sottolinea la Coldiretti - si stanno riflettendo anche
sulla logistica delle merci con incertezze e ritardi che impattano sugli scambi
commerciali. A pesare sono anche i limiti agli
spostamenti interni dei cittadini cinesi che cambiano le abitudini di consumo
soprattutto fuori casa".
"A pagare un conto salato rischia di
essere dunque il Made in Italy a tavola con il vino che è il prodotto tricolore
più esportato in Cina per un valore stimato dalla Coldiretti in 140 milioni di
euro nel 2019. La Cina – sottolinea la Coldiretti – per effetto di una crescita
ininterrotta della domanda è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano
più vino nel mondo ma è in testa alla classifica se si considerano solo i
rossi".
"A frenare le spedizioni agroalimentari
Made in Italy – continua la Coldiretti – sono le barriere tecniche ancora
presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il
bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina
per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi
mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico
negoziato. Bisogna superare gli ostacoli tecnici alle esportazioni
agroalimentari Made in Italy per riequilibrare i rapporti commerciali
nell’agroalimentare con le importazioni dalla Cina che
hanno superato di quasi il 50% il valore delle esportazioni per un valore
stimato in 680 milioni nel 2019".
Ma l’impatto dell’emergenza Coronavirus sui mercati agroalimentari colpisce l’Italia anche indirettamente
come dimostra il fatto che le quotazioni della soia sono crollate per nove
giorni consecutivi al Chicago Board of Trade, punto di riferimento mondiale del
commercio delle materie prime agricole, secondo l’analisi della Coldiretti
dalla quale si evidenzia che il prezzo della soia sul mercato futures è sceso
di circa il 10% dall’inizio dell’anno sull’onda delle crescenti preoccupazioni
sul calo della domanda del mercato cinese.
"Una conseguenza dell’emergenza
sanitaria che si riflette – sottolinea la Coldiretti - sull’economia cinese ma
che ha anche un effetto valanga sul mercato globale. La Cina infatti è la più
grande consumatrice mondiale di soia ed è costretta ad importarla per
utilizzarla nell’alimentazione del bestiame in forte espansione con i consumi
di carne. La soia è uno dei prodotti agricoli più
coltivati nel mondo, con gli Stati Uniti che si contendono con il Brasile il
primato globale nei raccolti".
"Una situazione – conclude la Coldiretti- che va attentamente monitorata dall’Unione Europea per salvaguardare un
settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un
momento in cui il cibo è tornato strategico nelle relazioni internazionali,
dagli accordi di libero scambio alle guerre commerciali come i dazi di Trump,
la Brexit o l’embargo con la Russia".
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