QUANDO l'attenzione deve rimanere alta, occorre prenderne coscienza. “In questa fase serve molta prudenza nell'interpretazione
dei dati, ma è fondamentale non confondere gli effetti con le cause: osserviamo
meno casi gravi perché si verificano meno nuove infezioni; e questo è
evidentemente il frutto dell'azione di contrasto alla diffusione dell'infezione
da coronavirus – dice Marcello Tavio, Direttore delle Malattie Infettive
degli Ospedali Riuniti di Ancona e Presidente SIMIT. – Se poi in futuro il
virus muterà al punto da non causare malattia nell'uomo, dovremo averne
un’evidenza epidemiologica, prima ancora che laboratoristica. Ora non è certo
così”. “Allo stato attuale delle conoscenze non ci risultano
evidenze molecolari che depongano per mutazioni del virus che ne possano
giustificare un’attenuazione – conclude il Professor Massimo Galli, primario di Malattie Infettive
dell’ospedale Sacco di Milano e Past President SIMIT. “Riteniamo
dunque che, in occasione della fase due, ipotesi non confermate sulla minor
virulenza di SARS-CoV-2 possano creare false sicurezze e ridurre
pericolosamente l’attenzione nel seguire con il necessario rigore le misure di
prevenzione”.
COME mai allora si pensa a un indebolimento del virus? “Per sostenere certe affermazioni ci vogliono grandi
numeri, forti evidenze e robusti dati molecolari che evidenzino modificazioni
sostanziali del virus - sottolinea il Professor Claudio Mastroianni,
Vice Presidente SIMIT e Direttore UOC Malattie infettive del Policlinico
Umberto I. - Altrimenti affermazioni tipo ‘il virus si è
depotenziato’ servono solo a creare false sicurezze e facilitare la
sottovalutazione di un problema che permane serio, tanto più nella cosiddetta
fase due. Pur confidando nella presa di coscienza della popolazione, noi
comunque ci attendiamo un possibile nuovo aumento dei casi terminata la fase di
incubazione dopo la fine del lockdown dello scorso 4 maggio. Restiamo vigili e
pronti per intervenire”.
Commenti
Posta un commento