QUANDO ho letto
il titolo, ho capito la caparbietà distillata nelle pagine di questo libro. Dedicato
a chi? A Luciana Crovato, in arte Luciana Boccardi, nota come La Boccardi,
giornalista di moda che ebbe "Mai paura di niente" come sua frase
guida. Una frase appresa dal padre dopo l'incendio che gli bruciò gli occhi e
portò la famiglia a vivere di stenti. Una frase che l'avrebbe accompagnata
sempre, sin da quando fu costretta ad abbandonare gli studi, a lavorare di
giorno e a frequentare un corso di stenodattilografia la sera, fino a diventare
una "mitraglietta". La sua "università" fu la Biennale.
L'approdo al giornalismo un premio per un racconto breve consegnatole da
Georges Simenon. Poi sarebbero arrivati i libri e la direzione di due riviste,
le sfilate organizzate a San Marco e al Lido, la fase "femminista" e
l'amore spassionato per la sua Venezia con le battaglie per i referendum,
perfino un ristorante suggeritole da uno stilista. Ma soprattutto la
giornalista, assegnata alla moda in un tempo in cui le sfilate stavano nella
pagina dei necrologi.
COME è cambiata la moda. Quelli erano ancora gli anni in cui il défilé serviva
per presentare i vestiti: «Un numerino per ogni abito. Il tutto in un silenzio
religioso». E le modelle? «Inesistenti». Per dire: «Marta Vacondio che lavorava
in un atelier come sartina, e indossatrice quando serviva, ha dovuto sposare
Marzotto per diventare famosa». Poi arrivarono i rutilanti anni 80, con le
super-top di Gianni Versace, il compianto stilista che scriveva a Luciana:
«Cara signora, la moda italiana ha bisogno di lei» (ma re Giorgio Armani le dà
ancora del tu: «Grazie per avermi conferito la medaglia di chi è riuscito ad
alzare una barriera contro la volgarità. È il miglior complimento che mi potevi
fare!»). Da questo punto di vista, la Boccardi ne ha per tutti (e, come annota
la Vanzan: «Ecco, il problema non era farla parlare. Era farla smettere»).
Valentino? «La gentilezza». Claudia Schiffer? «Un libro mastro vivente».
Krizia? «Un po' spietata. Ma tanto brava». Naomi Campbell? «Maleducata».
Dolce&Gabbana? «Terribilmente volgari». Il preferito? «Senza dubbio Emanuel
Ungaro», il mentore che la convinse perfino ad aprire un ristorante a Castello,
dove proporre il risotto alla Sultana tramandato dalla nonna con gli avanzi del
fritto di Carnevale. Anche se davvero memorabili sono i ricordi delle cene
preparate da Alfredo e Arturo del Toulà per la maison Missoni: «C'era di tutto,
ma solo e rigorosamente cucina veneta che sia Ottavio che Rosita apprezzavano
tanto». Mentre adesso ci sono «pasticcini tutti uguali, senza sapore» e
«l'ignoranza e la supponenza» dei pierre a cui Luciana è orgogliosamente
allergica: «Sono una fuori serie. Niente cerchi magici, in nessun caso della
mia vita». Leggere per credere l'episodio, visto con i suoi occhi e riportato
da nessuna testata, della torta in faccia ad Anna Wintour”. Così presenta il
libro l’ufficio stampa della casa editrice veneziana Supernova: 128 pagine che
Alda Vanzan ha dedicato a un carattere non facile.
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